31 maggio 2011

Barça, l'età dell'oro..


Che questo Barcellona fosse in assoluto la squadra più forte al mondo, paradossalmente non serviva la finale di Wembley a sottolinearlo: la superiorità catalana, mai come quest'anno, è stata schiacciante, totale, a tratti imbarazzante. Il fatto stesso che per affrontarli non puoi mai contare solo sul tuo gioco, dovendo necessariamente adattarti nel cercare di "rompere" il loro, fa capire che contro questa squadra puoi solo augurarti che per una volta magari non vinca davvero il migliore.

Il Manchester sabato era partito col piglio giusto, e chiunque abbia visto i 10' minuti iniziali avrà sicuramente pensato che Ferguson stavolta potesse davvero farcela a vendicare Roma. Il problema è che, dopo aver lasciato sfogare l'avversario, il Barça è salito in cattedra, ha preso il pallone e non lo ha mollato praticamente più fino al fischio finale, rendendo quella che sembrava un'avversaria credibile poco più di uno sparring partner. E non c'è un vero demerito nei Red Devils, se non quello di essere, come tutti, un gradino sotto questo squadrone destinato a segnare un'epoca e ad entrare nella leggenda del calcio mondiale.

Il possesso palla blaugrana stordisce, lavora ai fianchi l'avversario anche sotto l'aspetto psicologico - provate voi a subire un torello della durata di circa un'ora e mezza senza dare di matto - e poi, con quelli là, il varco per segnare prima o poi si apre. Xavi è talmente perfetto lì in mezzo al campo, che ti chiedi come sia possibile che non riesca a sbagliare un passaggio neanche quando il corridoio non esiste, o per lo meno sembra non esistere: in realtà lo vede solo lui, ed è così che Pedro si trova tra i piedi il pallone della gloria per il primo vantaggio.

Il temporaneo pari di Rooney chiude effettivamente la prima frazione di gioco sul risultato di parità, ma la ripresa non farà che ribadire il concetto già espresso: manifesta superiorità catalana. Il gol di Messi, seppur con qualche piccola responsabilità di Van Der Sar, è un gioiello di rapidità e potenza che spinge il fuoriclasse argentino sempre più verso il trono di migliore di sempre, la rete con cui Villa chiude ermeticamente la contesa è un capolavoro balistico degno di un attaccante straordinario e forse sottovalutato in un contesto di eccellenza come quello del Barça di Guardiola. La fanno facile, loro: 148 gol in stagione, con 22 diversi calciatori andati a segno, roba da playstation.

Lo stesso Pep sa benissimo (e lo ha ammesso, da persona intelligente qual è) che l'eccezionalità del suo lavoro è strettamente legata alla grandezza del materiale umano a sua disposizione, e nella battuta rilasciata dopo la finale ha detto chiaramente che se il Barcellona gioca questo calcio stellare un grosso merito va a quei giocatori che sono l'asse portante del sistema di gioco blaugrana (Piquè-Alves-Xavi-Iniesta-Messi). E considerata la giovane età di questi fenomeni, e l'assoluta identificazione con il mondo Barça, il rischio serissimo è che questo ciclo possa continuare ancora per parecchio tempo.

Triplete 2009, Triplete 2011, incetta di titoli nel 2010 con la corsa verso Madrid interrotta dall'Inter di Mourinho grazie ad un vero e proprio miracolo sportivo: insomma, una squadra quasi imbattibile, oltre che capace di esprimere un calcio sublime.

E non potevano festeggiarla meglio, questa Champions League, perchè il gesto di far alzare la coppa ad Abidal cedendogli la fascia di capitano per l'occasione è stata una delle cose più belle che ho mai visto fare su un campo da calcio. Il dramma del terzino francese, operato solo due mesi fa di tumore al fegato, aveva colpito tutti nel profondo: ma la vita per fortuna sa riservare anche storie come questa, e nella notte di Wembley se c'è qualcuno che nelle fila di questo Barça stellare ha vinto più degli altri, questo è proprio lui. 

Goditi questi anni, F.C. Barcellona: è l'età dell'oro.

Antonio Capone (twitter - @tonycap83)

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