14 ottobre 2013

Liverani come Strama, nel girone degli ignavi (con riserva)


Avrei voluto scrivere questo post diversi giorni fa, quando l'esonero di Liverani da parte del presidente Preziosi era ormai cosa fatta e aprire una discussione del genere avrebbe avuto forse molto più senso di quanto non ne abbia invece adesso. Ad ogni modo, il tempo è quello che è ultimamente, e confido nel fatto che il concetto principale che voglio esprimere in questo articolo sia ancora interessante e non abbia superato la fatidica data di scadenza.

Vorrei partire da una nozione basilare tratta dal kit di sopravvivenza per tecnici del nostro campionato: nella serie A attuale, e con certi presidenti capaci di mangiarsi allenatori come fossero noccioline, il risultato per chi guida una prima squadra è l'unica via percorribile per garantirsi un futuro saldo, duraturo e per quanto possibile al riparo da fantasmi sempre pronti a uscire dall'oscurità dopo i primi scivoloni. Concetto abbastanza ineccepibile essendo le società di calcio delle vere e proprie aziende, ingrediente letale se d'estate si parla di progetto e costruzione salvo poi far rotolare teste alla terza o quarta giornata di campionato per un pareggio o una sconfitta di troppo.



L'avventura di Fabio Liverani sotto la parte rossoblù della Lanterna è durata fino al fischio finale della gara interna contro il Napoli, che ha consegnato alle statistiche la quarta sconfitta del Grifone nelle sei uscite stagionali ed evidenziato la cronica incapacità di fare gioco di una squadra che si stava pericolosamente avvitando su se stessa e che ha avuto nel derby con la Sampdoria l'unica notte di vera gloria. Preziosi, notoriamente poco incline a optare per la via della stabilità, ha difeso la sua scelta estiva per troppo poco tempo, gettando la spugna appena la situazione è iniziata a precipitare e richiamando una vecchia conoscenza come Gasperini che tanto bene fece in Liguria prima di collezionare esoneri a Milano e soprattutto Palermo.

Per l'ex centrocampista del Perugia, su cui Preziosi aveva puntato in modo deciso in estate incoronandolo come "uno dei migliori allenatori in prospettiva", la mannaia dell'esonero è calata inesorabile non appena la squadra ha di fatto smesso di giocare a calcio e il tecnico stesso ha  'venduto l'anima al 3-5-2' tanto di moda (che poi ognuno lo gestisca in modo differente è un discorso a parte) per limitare il numero di gol subiti e blindare una fase difensiva che forse aveva concesso troppo, ma ad avversari due spanne superiori come Inter e Fiorentina. Il progetto di calcio propositivo, imperniato sulla sapiente regia di Lodi, una difesa a 4 con due esterni di spinta come Vrsaljko e Antonelli e due ali al servizio di Gilardino è stato frettolosamente accantonato per uniformarsi allo status quo del "primo non prenderle" che ha trovato la sua traduzione tattica in una difesa non più a quattro ma praticamente a cinque, con il ruolo di Lodi drammaticamente stravolto e il conseguente calo delle prestazioni del regista fino alla panchina per 90' contro il Napoli. Risultato: se prima il Genoa provava a giocare a calcio, la cura è stata peggio del male perché la squadra si è via via spenta tra le incertezze del proprio allenatore fino all'ovvio epilogo.

Ad Andrea Stramaccioni (che tra l'altro era tra i papabili per rilevare proprio Liverani) è successo qualcosa di molto simile all'Inter, ed anche in quel caso tra le diverse attenuanti che possiamo dare al giovane e inesperto allenatore, pesa come un macigno quella scelta di sacrificare il proprio credo tattico in nome di risultati che comunque alla fine si sono rivelati i peggiori dell'ultimo ventennio nerazzurro. Anche lì Strama era partito con una idea di calcio sviluppata nel semestre finale della stagione 2011/12, ma le sconfitte interne contro Roma e soprattutto Siena fornirono materiale su cui riflettere: visto che a San Siro avere il pallino del gioco in mano non pagava, e l'avversario approfittava costantemente degli spazi offerti per passare e riscuotere i 3 punti alla cassa, perché non virare su uno stile più attendista e giocare sulle ripartenze lasciando la fase offensiva nelle mani dei 2-3 davanti? Il piano inizialmente sembrava funzionare, e il sacco dello Juventus Stadium dava al giovane tecnico gli elementi per credere di aver imbroccato la strada giusta. Il resto come sappiamo è storia, e i 57 gol subiti dai nerazzurri in 38 partite nonostante un mostro come Handanovic tra i pali la dicono lunga su quanto malsana è stata la scelta sul lungo periodo.

Non è solo una questione tattica, tutt'altro. E' psicologia spicciola. Se instilli nei calciatori il dubbio che neanche tu sai che pesci prendere, il prodotto che avrai sul campo sarà quello di una squadra insicura e che proietta sul terreno di gioco le insicurezze del proprio allenatore. Se i tuoi calciatori di fatto (non a parole, difficilmente sentiremo qualcuno dire "è vero, non seguivamo il mister") non credono in quello che cerchi di comunicargli perché percepiscono il marasma che hai in testa, il punto di non ritorno è già alle spalle. Anche perché se fine deve essere comunque, quella dignitosa è generalmente l'opzione preferibile.

Difficile biasimare chi, privo dell'esperienza e del supporto necessari per tirarsi fuori dai guai, cerca di salvare il proprio lavoro tentando strade alternative più in linea col paradigma di riferimento corrente. Il rischio, a mio avviso altissimo, è che alla fine si paghi non solo con un esonero, ma anche con una credibilità sporcata da gestioni infelici nelle quali hanno fatto difetto valori ben più importanti della semplice preparazione tattica.

Liverani e Strama, avrete senz'altro una nuova occasione. Credete nelle vostre idee stavolta.

Antonio Capone
(twitter @tonycap83)

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